Le proprietà dello Zafferano: tra Storia e Leggenda

Lo zafferano da millenni è stato usato dagli antichi nei modi più disparati:
come colorante nella tintoria dei tessuti e nella pittura artistica,
come medicamento nella medicina,
come unguento e profumo nella cosmesi,
asperso nei riti religiosi e persino
come moneta negli scambi commerciali.

Lo zafferano, che dona il suo bel colore dorato, ha impreziosito abiti sacri e paramenti religiosi, dalle toghe degli antichi Egizi all’abito del Dalai Lama.

In Persia, specialmente nella regione di Esfahan, dove veniva coltivato sin dal 10° secolo a.C., era usato per la tintura dei fili di lana con cui venivano intrecciati gli splendidi tappeti reali persiani e i tessuti del Kashmir. Con lo zafferano sempre i Persiani elevavano offerte alle divinità e avvolgevano i sudari dei loro morti.

Prezioso come la porpora, lo zafferano era servito per tingere gli abiti dei re Assiri, come quelli dei re d’Irlanda, le calzature dei re di Babilonia, ma anche le bende con cui si avvolgevano le mummie egiziane.
Nelle tintorie di Sidone e di Tiro si immergevano i tessuti destinati alle vesti regali in un bagno di zafferano: c’erano fino a tre immersioni a seconda dell’importanza che si volesse dare alla veste, che era determinata dallo status sociale del committente. Le spose dell’antica Roma portavano dei veli tinti con lo zafferano e questa tradizione giunse fino al Medioevo: le nobili dame sotto gli abiti nuziali indossavano infatti una tunica di seta anch’essa tinta di zafferano, probabilmente per le proprietà afrodisiache possedute dalla spezia.

La medicina degli antichi conobbe ben presto le proprietà terapeutiche dello zafferano, che veniva utilizzato per curare l’ulcera, il mal di denti e in generale tutte le infiammazioni del fegato, dello stomaco, dei reni e dei polmoni, ma anche come lenitivo per le ferite e come abortivo (terapie emmenagoghe).
Ippocrate ne parla come coadiuvante contro la gotta e i reumatismi, con immersioni in vasche da bagno d’acqua calda e zafferano.
Mescolato in tisane invece era ritenuto da molti un eccitante ed un potente afrodisiaco, capace d’incrementare sia l’attività sessuale dei maschi che la cupidigia delle femmine.
Il cardinale Richelieu usava come esaltante dell’umore una confettura allo zafferano, e alla fine dello stesso secolo il chirurgo francese Ambrogio Parè consigliava agli impotenti un risotto condito con questa spezia.
Ancora sino agli inizi del XX secolo lo zafferano veniva prescritto contro la sterilità femminile.

Solo in tempi relativamente recenti sono state individuate scientificamente le eccezionali proprietà terapeutiche dello zafferano, che in gran parte hanno confermato le intuizioni della medicina empirica del passato.

Apicio, il famoso gastronomo dell’Antica Roma (I sec. a.C. – I sec. d.C.), lo utilizzava per aromatizzare il vino: ci ha tramandato, infatti, nel suo celebre De re coquinaria, una salsa a base di vino, mele cotte e zafferano, da lui denominata Conditum paradoxum (condito mirabile o vino condito), che veniva usata come condimento per altre pietanze.
Come l’Unguento crocino (Croco magma), che si vuole trasmesso già da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia (lib. XXI, 20), che aveva la caratteristica di lasciare anche per alcune ore saliva, denti e lingua del colore e dell’aroma tipico di questa spezia.

Nel Medioevo, come nel Rinascimento, lo zafferano fu molto adoperato per arricchire ed aromatizzare i piatti di carne, di pesce e di cacciagione che i grandi cuochi delle corti papali e principesche preparavano per gli sfarzosi banchetti dei loro signori e dei loro commensali.

Nel ‘500 Bartolomeo Scappi, celebre cuoco dei papi Pio IV e Pio V, usava mettere lo zafferano in molte sue ricette, tra le quali una che può considerarsi la “progenitrice” del celebre “Risotto allo zafferano”, a cui il gastronomo Pellegrino Artusi, nel XIX secolo, diede la forma che oggi tutti conosciamo.                

 


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Mauro Gambini de Vera d’Aragona 

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